Missione umanitaria in Sierra Leone: quello che ho visto e che voglio raccontarti


Sono rientrata da poco dopo una settimana in Sierra Leone accompagnata dai cooperanti di AVSI, una ONG italiana che dal 1972 - ha 52 anni, come me 🙂 - compie missioni umanitarie in 42 Paesi nel mondo.

Una settimana percepita come un mese per l’intensità di ciò che ho visto, ascoltato e sentito fuori e dentro la pelle.

Ho raccolto un’enorme quantità di materiale foto, video e audio. Soprattutto ho intervistato genitori, insegnanti e dirigenti di istituti di accoglienza (orfanotrofi, per capirci).

Ho scoperto anche tante informazioni interessanti sulla storia della Sierra Leone, che hanno avuto un impatto sulla nostra storia, anche contemporanea.

Soprattutto ho individuato molte credenze che mi appartengono come: occidentale bianca, ricca. Retaggi con un inconsapevole retrogusto buonista. Rendermi conto di questo è stata la parte più dolorosa. Soprattutto perché mi considero una persona aperta ed evoluta.

Ringrazio le donne e gli uomini di AVSI per la schiettezza con cui hanno conversato con me in questi giorni, senza mai farmi sentire giudicata hanno però fatto emergere tutta la romanticheria (e presunzione) con cui giudicavo usi e costumi in Sierra Leone. Una lezione di vita che ha cambiato alcune prospettive anche personali. Ancora. Grazie!

Ho sentito un dolore profondo nel, letteralmente, toccare con mano l’esistenza della povertà più assoluta, dove anche il nostro Niente - presente: non ho niente da mangiare o non ho niente da mettermi? Quello! - sarebbe già ricchezza.

Dopo poche ore, però, ho percepito soprattutto la dignità di ognuno di loro. E anche per questo ringrazio AVSI, per avermi fatto studiare a memoria il codice etico e avermi vietato di usare il linguaggio della pietà nel raccontare. Perché c’è un misto di sollievo e compiacimento nel constatare quello che, in fondo, vale come un fortunato tiro a dadi: nascere nella parte nord del pianeta.

Nelle prossime settimane sento che dovrò elaborare moltissime esperienze. In pochi giorni ho visto e ascoltato una vastità di scenari che mai avrei anche solo immaginato.

È stato come vivere per una settimana immersa in un documentario. Avrei voluto una telecamera al posto degli occhi e un registratore per orecchi. Ogni secondo è stato prezioso e incredibile, nel senso proprio del termine: non credibile.

Malgrado altri viaggi in Africa, qui ero dentro tutto ciò che finora avevo visto attraverso uno schermo ma che era fuori dalla mia portata esperienziale. Per questo era così facile skippare.

Lì invece dopo 48 ero già stufa della corrente che saltava continuamente, di non potermi appoggiare da nessuna parte, di essere continuamente immersa nel baccano di clacson e grida, di non potermi lavare le mani quando le sentivo sporche. E io non sono esattamente una principessa, ma una da furgone e tenda.

E queste sono le banalità pratiche che si scontravano con l’abitudine alla comodità e all’igiene. La parte più scomoda è stata la gestione emotiva soprattutto quando la sera rientravo in una camera dignitosa, con un bagno e pensare… mi fermo perché qui sto scadendo nel pietismo. E questo dimostra che devo ancora lavorarci su.

Infatti, ora che sono nella mia realtà, mi sento come appena uscita dal cinema. Con tutte le emozioni eccitate per una storia intensa raccontata benissimo. Incredibile la psiche.

Non so dove voglio arrivare con questo testo. È più un’urgenza emotiva che una necessità professionale. Potrei scrivere un libro con ciò che ho vissuto in questi pochi giorni. Magari lo farò.

Missioni umanitarie, si chiamano così, a ragione: sono immersioni di umanità che tutti dovremmo avere l’opportunità di fare. Perché è davvero facile sentirsi dalla parte giusta, spippolando sui social con la tisana calda sul divano.

E quando ci sentiamo nella verità, siamo disposti a tutto per difenderla. Insomma, la Pace è una cosa concreta. C’è uno strazio in questo: sono davvero pochi quelli che fanno; la moltitudine… chatta.

Sappi però, che anche dal divano puoi fare la differenza concretamente nella vita di una donna, un bambino, una famiglia. Il Sostegno a distanza è uno dei modi possibili per dare un aiuto concreto a un bambino, alla sua famiglia e alla sua comunità.

Grazie ad AVSI, ho vissuto un’esperienza straordinaria; mi auguro possa trasformarsi in piccoli gesti concreti tra persone che, grazie al mio racconto, sceglieranno affidarsi a questa organizzazione, molto seria e scrupolosa, e soprattutto EFFICACE!

Ho visto con i miei occhi, tra la polvere e il sudore, con quanto affetto vengono accolti i cooperanti che, tra mille difficoltà, lavorano tutto il giorni in condizioni scomode e talvolta pericolose per sostenere le popolazioni locali e allo stesso tempo dando loro gli strumenti per non avere più bisogno di sostegno in futuro.

Questo viaggio ha arricchito ulteriormente il mio bacino di informazioni, anche interiori, ha generato ulteriori domande e allargato il mio sguardo sull’educazione e la relazione tra persone, di qualsiasi età, cultura e abitudini.

🙂 Tutto questo significa migliorare ancora la qualità della mia divulgazione e della formazione 🙂

Nella prossima newsletter ti racconterò meglio di HOME, il progetto meraviglioso che AVSI sta portando avanti dal 2021: in pratica fanno in Sierra Leone ciò che io faccio in Italia e i risultati sono ben visibili.

Nel frattempo tieni sott’occhio la mia pagina Instagram dove pubblicherò altre riflessioni e immagini e fai un giro sulle Storie in Evidenza dove troverai video e foto girate in diretta durante questa missione umanitaria.

Vuoi scoprire di più sul Sostegno a distanza?

Grazie!
Alli

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